Gianmarco Pozzecco: «Ai miei 50 anni chiedo un figlio e una vita seria da c.t. ma io resto la mosca atomica»- Corriere.it

2022-09-02 18:08:57 By : Ms. Wendy Lee

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Il papà che lo voleva calciatore, le bravate in campo e fuori, «le sbronze omeriche», le storie sotto i riflettori e l’amore riservato («quello vero») per Tanya. Ecco l’ex bad boy che guida la Nazionale

Gianmarco Pozzecco compirà 50 anni il 15 settembre. Venerdì 2 settembre debutta agli Europei di basket come ct della Nazionale

Sopravvivendo al fatto che i pareri non saranno mai unanimi su di lui - c’è chi continuerà a dire che è matto e chi lo osannerà -, scavalcando l’ipotesi che non tutte le sue rotelle girino nel modo giusto, Gianmarco Pozzecco è diventato c.t. della Nazionale di basket al posto di Romeo Sacchetti , già suo coach, l’uomo che nel 2021 ha riportato l’Italia ai Giochi ma che a inizio estate il presidente federale ha giubilato. Gli Europei al via, con gli azzurri nel girone di Milano, saranno la prima sfida di un allenatore cresciuto negli anni, con esperienze e vittorie importanti (alla guida di Sassari ha centrato una coppa europea e la Supercoppa italiana) e adesso è atteso alla consacrazione . Ma il presente del Poz non si sgancerà mai dal passato di giocatore - la “mosca atomica” che impazzava sui parquet - e da quel personaggio che è diventato noto e riconoscibile (perfino in tv), oltre che protagonista della vita mondana. Una sorta di Balotelli che ce l’ha fatta? «Ci sono cose che non rifarei. Ma nella mia vita non c’è nulla di indegno e nulla che non possa raccontare».

Allora, raccontiamo: Pozzecco si nasce o si diventa? «Nel senso di un giocatore che è cresciuto libero, deciso a lasciare il segno, Pozzecco si diventa. Ma se la domanda è riferita al personaggio e al suo modo di essere, forse si nasce».

C’è chi ancora la considera un pirla, per quanto simpatico: è una seccatura oppure lascia correre? «Non posso farci nulla, essere discriminato, in ogni senso, è la colonna sonora della mia vita . Comunque mi fa felice essere visto come un pirla divertente piuttosto che essere catalogato come un non pirla, ma antipatico».

Ha realizzato che sono in arrivo i 50 anni? «Nei ritagli di tempo con la Nazionale ho giocato a padel e mi sono fatto male. Il dottore mi ha detto: “Il cervello pensa che tu abbia ancora 20 anni, ma i muscoli spiegano che non è così” . Mi pesa? Sì, sono entrato nella stagione delle rinunce forzate: nel mio caso il basket, sostituito appunto con il padel».

Le diamo una macchina fotografica, ma lei ha solo uno scatto per fissare Gianmarco Pozzecco da piccolo. Dove punta l’obiettivo? «Sul bambino con un pallone in mano e con la bici, in campeggio in Croazia . Sistemavo la palla sul portapacchi posteriore, fermandola con una molla, andavo da mio fratello e gli chiedevo se venisse a giocare. A volte veniva, a volte no».

E quando non veniva? «Andavo da solo, magari sotto il sole infernale di agosto. Mi ritrovavo su un campo di cemento, unico fesso che al mare faceva quelle cose. E sapete che cosa odiavo? Non il caldo, né il cemento, né che non ci fossero amici. Odiavo il fatto che a volte il canestro fosse senza retina. Non sto bene? Probabilmente è vero, ma se lo trovavo così mettevo dei fili per sistemarlo: un canestro senza retina non può esistere ».

Suo padre, pur essendo ex cestista, la stava avviando al calcio. «A 13 anni mi impose di scegliere tra la squadra di C1 allenata da lui, nella quale giocava mio fratello maggiore, e il Chiarbola di calcio. Avevo già deciso per il basket, ma una sera mi impose, fingendo che fosse una scelta condivisa, il calcio» .

Come finì? «Dissi che avrei obbedito. Ma poi feci di testa mia, come avrei fatto spesso negli anni successivi».

Sempre dal Pozzecco-pensiero: «Ero un po’ stupido perché ero un tappo che voleva sfondare tra i giganti». Invece non è stato un intuito formidabile? «Sì, forse è stata una genialata. Anche perché non è stato complicato come sembra. È la storia di Davide e Golia : alla fine ha vinto Davide».

Citiamo Maurizia Cacciatori, sua ex fidanzata e “quasi” moglie: «Io, Gianmarco e Andrea Meneghin siamo tre geni mancati della Normale di Pisa». (risata) «È una delle cavolate che ha detto in vita sua. Non la prima e nemmeno l’ultima».

Gianmarco Pozzecco con la ex pallavolista Maurizia Cacciatori ai tempi della loro relazione troncata nel 2004, poco prima delle nozze.

Visto che siamo sul pezzo: tema su Maurizia, svolgimento libero. «Preferisco passare. Mia moglie Tanya questa storia la sopporta poco e la capisco: lei non vive sotto i riflettori, è una persona semplice. So che le dà fastidio».

Però conferma che fu Maurizia a darle il due di picche? «Assolutamente sì. Ma questo non mi impedisce di avere sempre considerazione e rispetto».

Era geloso di lei dopo che i gossip l’avevano accreditata di scappatelle ai Giochi di Sydney. «La gelosia fa parte della storia di ogni coppia. Poi io ho sempre desiderato non avere una moglie famosa».

Però prima di Maurizia stava con Samantha De Grenet. «Sì, ma la donna per la vita deve essere diversa . Difatti ho incontrato una persona totalmente differente e mi sono innamorato. Un amore vero: con Tanya conto di arrivare fino alla fine dei miei giorni. E credo accadrà perché è un’altra cosa che voglio».

Ha parlato di sbronze omeriche... «Quando giocavo ero vincolato al basket, con un senso di responsabilità superiore a quello che la gente immagina. L’alcol era una necessità per divertirmi . Le “ciucche” non erano frequenti, ma quando accadeva... Dopo la finale dei Giochi di Atene, in discoteca assieme agli argentini che ci avevano battuto, ho vissuto uno dei momenti più belli della mia vita: in due ore di alcol e di libertà ho fatto cose inenarrabili».

A scuola non andava bene. «Ho un problema: non so fare quello in cui non credo di eccellere . Mi spiego usando il tennis: se l’avversario mi dice “dai, palleggiamo”, do di matto. Palleggiamo? Al massimo due scambi, poi si gioca e io devo provare a vincere. Se si palleggia, sono il peggior tennista della storia. A scuola palleggi e poi c’è l’esame. Quindi devo palleggiare e non assimilo niente. Ma per arrivare all’esame, che vorrei fare subito perché è competizione, sono costretto a palleggiare...».

Capelli rossi, Pozzecco con la canotta del Varese, dove ha giocato dal 1994 al 2002

Dopo aver avuto spesso rapporti difficili con gli allenatori, Pozzecco oggi fa il coach. È una contraddizione? «Può sembrare, ma non è così. Nonostante varie scintille, da giocatore avevo , come detto, un grande senso di responsabilità . L’ho usato prima con chi ho allenato nei club e ora mi serve con ragazzi della Nazionale: ho mille difetti e anche questo pregio».

Com’è il c.t. Pozzecco? «Il nuovo ruolo enfatizza certi scenari. Ad esempio, dopo essere stato penalizzato ed escluso dall’azzurro, nessuno può avere più rispetto di me nel mandare via qualcuno».

Era stato coniato il termine “Pozzesco”, fusione di Pozzecco e pazzesco. Vale ancora? «Vale, vale. Ma in maniera proporzionale al nuovo compito».

Nella prima stagione in A2, l’allenatore le gridò davanti al resto della squadra: «Ma tuo padre, quella sera, invece di andare con tua madre, non poteva farsi una...?». L’ha mai perdonato? «Intanto lo appesi al muro. Al di là dell’essere becera, la battuta tradiva lo spirito che deve appartenere ad ogni allenatore: esigere che i giocatori da individualità diventino squadra. Lui non ha avuto rispetto verso il vivere in gruppo».

Gianmarco Pozzecco si è imbestialito con chi gli ha dato del cocainomane. Ma una canna light non se l’è mai fatta? «Quando ho smesso di giocare, mia mamma ne ha beccata una nel pacchetto di sigarette di un amico: era convinta che ce le facessimo. Invece non è così, ho fumato canne solo in due occasioni . La prima volta ridevo senza freni e sono andato a casa perché non smettevo più. La seconda sono entrato in un “loop”: pensavo, a raffica, di tutto e di più. Non fa per me, sono già a posto: forse da bambino sono finito in qualche droga pesante, come Obelix era caduto nella pozione magica».

Ha scritto Clamoroso : un libro per levarsi sassolini dalle scarpe? «No, è stato un modo per ringraziare chi mi ha aiutato. Per me è gratificante dare stimoli positivi piuttosto che vendicarmi di chi mi ha criticato».

Adesso comanda i vari Gallinari, Datome, Melli... «Alt, anche se allenare è un po’ comandare, preferisco dire che aiuto . Ci sono due tipi di allenatori: i comandanti, appunto, e quelli convinti che siano i giocatori a vincere. Io firmerei per incidere per il 5%».

Di qualche veterano della sua Nazionale, ad esempio Gallinari, ha fatto in tempo a essere avversario. Non le suona strano? «Un po’ sì e mi viene in mente la prima volta che a Capo d’Orlando allenai Gianluca Basile e Matteo Soragna. Li chiamai in ufficio e dissi loro: “Da oggi cambiano i ruoli, mi dovete dare del lei”. E Soragna: “Ha ragione, signor coach. E vada affan...».

A un c.t., se sbaglia, tirano le pietre. «A me le tirano comunque...».

Che cosa facciamo all’Europeo? «L’Italia nel calcio e nel basket dà il meglio quando è outsider: 1982, primi al Mondiale di calcio dopo i noti casini; 2006, bis in Germania dopo Calciopoli; 2003, bronzo europeo nel basket con una delle nostre squadre più deboli; 2004, argento olimpico con un gruppo di scappati da casa. Però non seguo la forma mentis italiana, secondo cui se sei outsider sei anche più scarso».

Quindi battiamo tutti? «Non potrei mai accettare di dire che siamo inferiori agli altri. Ma in una manifestazione come l’Europeo conta anche avere c...o».

Lei ebbe i suoi guai perché in un time out nominò il nome di Dio invano. Gianni Petrucci, oggi suo presidente, pretese una sospensione. Ha forse dovuto firmare una clausola anti-bestemmie? «Io vivo, come detto, più per gratificare chi si è fidato di me. E sono pochi: ora c’è Petrucci. So che ha un’idea chiara sul tema, quindi farò in modo che quello che pensa venga assecondato».

Vorrebbe viaggiare all’indietro o in avanti, nel tempo? «All’indietro: vorrei tornare a giocare e ad essere la “mosca atomica” di Varese».

Pozzecco con la moglie Tanya

Quando lei e Tanya ci darete un Pozzecchino? «Spero presto».

Gli farà vedere i video delle sue partite? «Tanya non me lo permetterebbe: vorrà che il bimbo suoni la chitarra, non che faccia le mie stesse cose».

Ma lei non avrebbe voce in capitolo? «Ha mai visto un uomo che decide al posto della moglie? Io no, speravo di essere il primo. Invece il ranking in famiglia è il seguente: numero 1, Tanya; numero 2, il gatto Coco, trovato a Formentera perché c’era un topo in casa; infine arrivo io».

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