Luca Sacchi: lo sparo, lo spaccio, l’arresto dei killer e il ruolo di Nastia. Un giallo arrivato alla sentenza- Corriere.it

2022-04-22 19:23:31 By : Mr. Jack zhu

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Il 23 ottobre 2019 il 24enne personal trainer veniva ucciso in via Mommsen. Un giallo ricco di colpi di scena arrivato alla sentenza di primo grado. Le richieste del pm: ergastolo per il killer, trent’anni ai due complici, quattro e mezzo alla fidanzata

Uno sparo tra la folla , un’auto che fugge, un ragazzo che resta a terra in una pozza di sangue, circondato solo dalle urla della fidanzata. I marciapiedi di via Mommsen e via Bartoloni si svuotano di colpo nelle fughe frettolose delle comitive che frequenta il John Cabot pub, poi qualcuno torna ad avvicinarsi. Arrivano i soccorsi, si affollano le ricostruzioni. Mancano pochi minuti alla mezzanotte del 23 ottobre 2019. Luca Sacchi muore in ospedale quella stessa notte. I genitori Tina e Alfonso autorizzano l’espianto degli organi. L’inchiesta sul suo delitto consumato in 31 secondi e arrivata oggi al momento della sentenza di primo grado, sarà ricca di colpi di scena. La vittima ha 24 anni, fa il personal trainer in una palestra di jujitsu della zona, dà una mano nel ristorante di famiglia in via delle Coppelle e ha la passione per le moto. Il proiettile che lo raggiunge alla nuca viene esploso da breve distanza , mirando. Quasi fosse un’esecuzione. «Ha difeso la sua ragazza da una rapina», è la prima verità che emerge. Si rivelerà solo parzialmente esatta. O meglio, incompleta. I primi dubbi iniziano a emergere sulle modalità della rapina: perché andare armati in una zona frequentatissima per strappare un banale zainetto in pelle sintetica rosa da una ragazza bionda, dopo averla colpita con una mazza da baseball? L’Appio Latino è stato solo incidentalmente in passato teatro di fatti di cronaca nera: lo stupro della Caffarella, che si affaccia pochi metri più in là, dieci anni prima; l’omicidio di Fabrizio Piscitelli “Diabolik”, giù verso la Tuscolana, nell’agosto appena trascorso. Ma per il resto è un quartiere cosidetto «tranquillo». Anche per questo, la striscia di sangue rimasta sull’asfalto stride con la «banalità» di una rapina comune.

La fidanzata di Luca è ucraina, si chiama Anastasiya Kylemnyk, ha 25 anni e da oltre quattro di fatto convive con lui a casa Sacchi. Fa la baby sitter, ha un cagnolino bianco e una Panda che dice di aver lasciato a casa quella sera. In ospedale si è fatta medicare per i colpi di bastone alle braccia e assediata da fotografi, taccuini e tv piange disperata: «Luca era puro amore». Non si spiega cosa sia potuto accadere. Assicura di essere andata al pub con Luca per accompagnare suo fratello Federico, respinge con forza le voci su un acquisto di droga che cominciano ad emergere assieme alle crepe con la famiglia del fidanzato. La prima svolta arriva a neanche 48 ore dall’omicidio.

In momenti diversi vengono fermati in indagini congiute dei carabinieri e della squadra mobile due ragazzi di Casal Monastero, Valerio del Grosso e Paolo Pirino, 22 e 21 anni. Sono accusati dal pm Nadia Plastina di omicidio volontario in concorso, rapina aggravata, detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo. Pirino, che la sera del delitto impugnava il bastone, viene catturato sul terrazzo condominiale di un palazzo di Tor Pignattara (dove si stava nascondendo), mentre Del Grosso, che ha fatto fuoco con la pistola, è in un albergo a Tor Cervara. La mattina dopo l’omicidio è andato al lavoro nella pasticceria vicino casa per poi chiedere di andar via a ora di pranzo. Sua mamma collabora alle indagini recandosi al commissariato di San Basilio per denunciarlo. Il capo della polizia, Franco Gabrielli, apre uno squarcio: «Non siamo di fronte a due poveri ragazzi scippati», dice parlando di Luca e «Nastia».

Gli impianti di videosorveglianza della zona inquadrano Anastasiya mostrare a un ragazzo, poi identificato come Valerio Rispoli, il contenuto del suo zainetto , mentre il tracciato della Smart bianca noleggiata dai due arrestati viene ricostruito nella fuga fino a Casal Monastero. Lungo il tragitto vengono ritrovati una parte della pistola e il portafogli di Anastasiya. Per una settimana la ragazza resta chiusa in casa, non va al funerale di Luca, nè si presenta in procura per dire ciò che sa.

Il 29 novembre si aggiunge il capitolo delle altre responsabilità di questa storia con le misure cautelari emesse a carico di Giovanni Princi, Marcello e Armando De Propris e la stessa fidanzata di Luca. Princi, vecchio compagno di scuola di Sacchi, col quale ha riallacciato da poco i rapporti, è accusato di essere la mente dell’acquisto di 15 chili di marijuana in cambio di 70 mila euro. I De Propris figlio e padre sono accusati uno di aver fornito l’arma ai killer, l’altro di averla custodita. Anche Anastasiya è indagata per spaccio e deve presentarsi in caserma tre volte a settimana per l’obbligo di firma. La trattativa e le intermediazioni vengono ricostruite da una intercettazione in parte fortuita a carico di De Propris nell’ambito di un’altra indagine. Poco prima del delitto, Del Grosso al telefono gli annuncia il piano per prendere lo zaino con i soldi, senza cedere la droga: «Ascoltami, ma se famo invece comeeee… sentime, a parte i scherzi, sto con un amico mio che conosci, bello fulminato! Ma se invece io vengo a prendeme quella cosa che mi hai detto ieri e glieli levo tutti e settanta? Vengo da te… te faccio un bel re…».

Giovanni Princi rivela uno spessore criminale non banale e una personalità fredda e calcolatrice che lo porterà a depistare almeno inizialmente le indagini su di sé e Anastasiya. A partire dalla macchina della ragazza che va a recuperare mentre Luca sta morendo, fino alla gestione «da remoto» dell’affare per non finire di nuovo nei guai. L’inchiesta fa emergere anche la genesi di quell’affare, i piani che il 26enne aveva assieme alla fidanzata Clementina Burcea di prendere una abitazione con Anastasiya e Luca e l’opposizione di quest’ultimo al progetto. Princi sceglie di essere processato separatamente con rito abbreviato per avere uno sconto di pena e viene condannato il 22 giugno 2020 a quattro anni di carcere.

L’ultimo colpo di scena arriva sul filo della requisitoria del pm Giulia Guccione. La procura ritiene infatti di aver chiarito anche l’ultimo mistero, quello dei soldi spariti — recuperati da Princi dalla macchina di Anastasiya, portati a casa e forse reinvestiti in altri affari — e della droga mai messa realmente a disposizione dei pusher in un letale intreccio di truffe reciproche. «Sòla su sòla» come spiega Del Grosso intercettato in carcere. Le richieste sono quella dell’ergastolo per quest’ultimo, di trent’anni per i suoi complici Pirino e De Propris (assoluzione per il padre) e di quattro anni e mezzo per Anastasiya, parte lesa e imputata nello stesso processo, accusata di aver mentito fin dall’inizio per proteggere se stessa.

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