Oggi il marchio compie settant'anni.
"Il mio approccio è come quello di un architetto. Lui fa le case perché ci vivano le persone. Io faccio i vestiti perché ci vivano le donne".
La pensava così Armi Ratia, designer di tessuti e fondatrice dell’azienda finlandese Marimekko ("vestito di Maria") che spegne settanta candeline e le festeggia con un libro elegante, colorato, profumato di vita vissuta dal titolo "Marimekko. L’arte della stampa" (editore Marsilio), scritto da Laird Borrelli-Persson, responsabile dell’archivio di Vogue.com. Correva l’anno 1960 e Jackie Kennedy indossava un semplice abito rosa Marimekko sulla copertina della rivista “Sports Illustrated”. Anche la ex first lady italiana, Clio Napolitano, alternava le giacche sartoriali firmate Lella Curiel con le fantasie vivaci stampate a mano. Oltre 3500 pattern per vestiti, borse, accessori, ceramiche, biancheria per la casa, tessuti da arredo. Uno fra tutti: Unikko (Papavero), scelto per la copertina del volume, che migra dalla parete al guardaroba, dagli ombrelloni alle camicie plissettate, cambiando pelle come un serpente, senza mai smettere di annoiarci. E pensare che fu creato dalla pittrice e artigiana tessile Majia Isola in aperto contrasto con Armi Ratia che aveva messo al bando la produzione di motivi floreali. La magia caleidoscopica dei tessuti Marimekko spunta dalle macchine rotative dello stabilimento di Herttoniemi, a Helsinki: qui, la nobile tela di cotone, prende respiro e colore. "Perché sporcare una stoffa bianca se non si ha niente da dire?", si chiedeva Armi Ratia.
Molto forti i legami del brand scandinavo con l’architettura a cominciare dall’ispirazione al modernismo organico di Alvar Aalto e del Bauhaus, la scuola fondata dell’architetto tedesco Walter Gropius che conciliava creazione artistica e artigianato puro con la produzione in serie. Nel 1957, per esempio, Timo Sarpaneva, fra i maggiori designer e scultori finlandesi dell’epoca, pensò di organizzare una sfilata di moda per Marimekko alla Triennale di Milano. E, un giovane Giorgio Armani, vetrinista de La Rinascente, invitò il brand a esporre le sue collezioni nel reparto abbigliamento dei grandi magazzini milanesi.
Con la morte della fondatrice, nel 1979, iniziò la crisi dell’azienda ("È champagne oggi, preoccupazioni domani, caos il giovedì", diceva Armi Ratia) che passò di mano varie volte. Le fantasie iconiche di Marimekko tornarono alla ribalta grazie alla solita Carrie Bradshaw che, nella seconda stagione della serie "Sex and the City", sfoggiò bikini e abiti "made in Finland". Per il futuro, in un paese ricoperto di foreste, la svolta non può che essere green: dopo la produzione di una fibra ricavata dalla cellulosa di betulla, totalmente biodegradabile, il team creativo Marimekko, tutto al femminile, ha lanciato una collezione stampata con tintura indaco naturale, estratta dal guado (Isatis tinctoria). E si lavora sugli scarti di tessuto per creare nuovi capi patchwork. Per illuminare le aurore boreali del Nord e le grigie strade metropolitane di mezzo mondo.