Grazie a loro, la moda guarda anche al packaging per essere (ancora più) sostenibile
Nonostante siano trascorsi più di due decenni dall'inizio della nascita dell'e-commerce e dello shopping online, la moda non ha fatto molti progressi nel risolvere i problemi degli imballaggi e dell'inquinamento che questi provocano. Una maglietta acquistata online oggi arriva a casa nostra più o meno nello stesso modo in cui l'avremmo ricevuta nel 2001 ovvero avvolta in sacchetti di plastica dentro una scatola di cartone e spedita con un camion per le consegne a domicilio. Nulla di nuovo sotto il sole se non fosse che a cambiare sono stati, causa pandemia, il volume di pacchi spediti. Il boom degli acquisti online è infatti cresciuto esponenzialmente cambiando le abitudini di acquisto di molti consumatori che hanno preferito e continuano a preferire lo shopping online rispetto a quello classico in negozio. Il risultato? Più di 100 miliardi di pacchi spediti nel solo 2019, cifra aumentata ancora nel 2020.
Un mare di spazzatura che contribuisce inevitabilmente a incrementare anche le emissioni di gas serra: dalle grandi scatole che piene d'aria occupano spazio nei camion delle consegne, costringendo così a più viaggi, ai sacchetti di plastica che rimarranno nelle discariche per millenni, fino alle scatole di cartone che, una volta rotte, possono emettere metano. Uno scenario che sembra inevitabilmente azzerare tutti gli sforzi compiuti fin qui dai marchi più sostenibili e da quella moda green che cerca di rispettare sia nella scelta dei tessuti ecologici sia nei processi di produzione l'ambiente e il nostro pianeta.
Ecco che allora la moda sostenibile mette in atto un altro capitolo nella lotta all'inquinamento grazie ad un numero sempre più crescente di startup e brand pronti a rivoluzionare il concetto di packaging e di spedizione a casa. Qualche esempio? Olive, una società di shopping online e logistica che consegna gli ordini di marchi come Everlane, Stuart Weitzman e Veronica Beard che ha introdotto l'utilizzo di box morbide ma robuste che i clienti possono restituire lasciandole fuori dalla porta di casa. Unico compromesso: le spedizioni sono settimanali, questo per ottimizzare i costi e concentrare la quantità di ordini.
Nate Faust, fondatore di Olive e uno dei co-fondatori di Jet.com, ha affermato a "The Fashion of Business" che <<i consumatori scopriranno rapidamente altri vantaggi di questo nuovo approccio: i resi possono essere rispediti agli spedizionieri, ad esempio>>. Aggiungendo poi che <<nell' e-commerce, per troppo tempo, si è pensato che la convenienza fosse uguale alla velocità e questo è l'unico elemento dell'esperienza di consegna su cui si concentra la stragrande maggioranza dei rivenditori>>.
Ma c'è chi mira a una rottura più netta con alcuni aspetti profondamente radicati nello shopping online. Alcuni vedono la logistica come la strada per un e-commerce più ecologico, mentre altri stanno cercando di rieducare i consumatori allontanandoli dagli imballaggi monouso. Quest'ultima pratica è stata adottata da Asket, un marchio svedese di abbigliamento maschile, che ha trascorso più di un anno a ridisegnare quasi ogni aspetto della sua confezione, dallo spessore del cartone alle dimensioni delle schede con le istruzioni per la restituzione. Sostituendo ovviamente i sacchetti di plastica per indumenti con un'alternativa più ecologica.
Repack, un'azienda finlandese, offre invece ai clienti una doppia scelta: ricevere i loro articoli nella solita scatola usa e getta o pagare qualche dollaro in più per una scatola progettata per essere rispedita e riutilizzata in altri dieci viaggi per posta. E anche Matt Semmelhack, co-fondatore di Boox, ha sviluppato una scatola di spedizione riutilizzabile utilizzata da marchi come Boyish Jeans e Ren Skincare.
Dai brand di nicchia ai colossi e-commerce come Amazon che ha inasprito le regole di imballaggio per i venditori sul suo ecommerce. Sia che l'obiettivo sia stato di ridurre i costi di spedizione, salvare il pianeta o entrambi, il risultato finale, secondo l'azienda, è stato quello di utilizzare l'equivalente di 2 miliardi di scatole in meno dal 2015.
Asket, invece, ha stimato che ridurre le dimensioni delle sue scatole e utilizzare buste per gli articoli più piccoli consente di risparmiare circa mezzo euro a ordine, che si somma rapidamente con migliaia di altri acquisti.
Ma cosa ci vorrà per raggiungere quel punto di svolta negli imballaggi fashion? La maggior parte delle iniziative di sostenibilità iniziano in una sorta di limbo, buone idee sulla carta ma che richiedono troppi soldi o sforzi da parte dei consumatori e delle imprese per essere adottate da tutti. Le innovazioni ecologiche - energia solare e auto elettriche per esempio - diventano "normali abitudini" quando i costi diminuiscono e i consumatori possono partecipare senza troppi sacrifici. Per il packaging sostenibile, alcuni aspetti oggi sono maturi, ma c'è ancora molto da fare. Per ora è il mercato a guidare il cambiamento. E in più occorre educare gli acquirenti verso comportamenti più sostenibili che spesso significa chiedere loro di pagare un extra. E molti non sono disposti a farlo. Boox sta testando vari incentivi per convincere i destinatari delle sue scatole a restituirle, compresi sconti sugli acquisti successivi e donazioni a scuole o enti di beneficenza locali. Mentre Olive prevede di utilizzare le notifiche delle app e "promemoria"... Ma come in tutte le cose, occorre tempo!