Diego Gugole in una delle ultime foto assieme al padre Sergio e alla mamma Lorena
Vicenza, ammazza i genitori per mettere mano sui loro soldi e comprarsi un’auto e una casa. Ai carabinieri, mezza giornata più tardi, racconta: «…e poi avevo sete. Sono andato in un bar e ho ordinato una Coca Cola . C’era la televisione, davano la partita e sono rimasto per un po’ lì, a guardare la Champions». Senza mostrare mai un segno di commozione, Diego Gugole spiega cos ì che cosa ha fatto prima di presentarsi in caserma per confessare. E pare quasi di vederlo questo ragazzotto di 25 anni che - una manciata di ore dopo aver ammazzato mamma e papà - si infila in un locale se ne sta «per un po’» a guardare Cristiano Ronaldo alla tv , in mezzo agli altri clienti. Come nulla fosse. Come se in macchina non avesse i barattoli della vernice con la quale aveva immaginato di coprire gli schizzi di sangue alle pareti , e i sacchi «di quelli per riporre abiti e tessuti» comprati per infilarci i cadaveri.
Eppure qualcosa deve essere scattato nella sua mente, se quando esce dal bar decide di andare a suonare il campanello dei carabinieri di Vicenza , rinunciando di punto in bianco al piano diabolico sul quale aveva lavorato «da circa un mese». Forse, tra un sorso e l’altro di Coca Cola, ha semplicemente capito che il progetto di uccidere i genitori, nascondere i loro corpi nell’appartamento della nonna e intascarsi il patrimonio di famiglia , in fondo non era poi così infallibile come aveva creduto. L’interrogatorio è durat o appena un’ora, durante la quale Gugole ha spiegato - «in modo lucido, freddo», confida un investigatore - come si è sbarazzato di papà Sergio e mamma Lorena. «A lui ho sparato due colpi mentre era seduto a tavola . Mamma era uscita per accompagnare i nonni da qualche parte. L’ho aspettata e ho sparato circa quattro volte ma uno dei proiettili ha centrato il televisore in salotto».
Una giornata di ordinaria follia
Il resto è la cronistoria di una giornata di ordinaria follia: lui che trasferisce un po’ di denaro dal conto del padre al suo e lo usa come caparra per la casa nuova, che va a comprare il materiale per mascherare il delitto e che, prima di infilarsi nel locale a guardare la partita , riceve la telefonata di una vicina di casa. «Voleva sapere dove fossero i miei genitori, perché avevano una riunione di condominio e non riusciva a contattarli . Le ho risposto che erano partiti per un viaggio». L’ennesima balla per nascondere la verità. Ne diceva di continuo. Luciano, un anziano che abita a Chiampo nel condominio accanto a quello dei Gugole, racconta di averlo incontrato un paio di giorni fa. «Gli ho chiesto cosa ci facesse ancora a casa, a quell’ora del pomeriggio. E Diego mi ha risposto che faceva il turno serale in conceria ». In realtà era disoccupato da un anno. L’ha anche fatto mettere a verbale: «Ultimamente non mi piaceva lavorare». Di fronte al magistrato, ammette che «spesso raccontavo bugie ai miei genitori ». E forse anche per questo Sergio e Lorena avevano convinto quel figlio - che ora tutti descrivono come «un tipo po’ strano e piuttosto introverso » - a incontrare una psicologa. Ma queste erano cose private, che i Gugole si erano tenuti per loro. All’apparenza erano la famiglia perfetta, li si vedeva uscire per fare delle passeggiate tutti insieme , o prendersi a braccetto per andare a messa nella chiesa dei frati che sta a due passi da casa.
«Diego era molto legato alla madre e infatti lo canzonavamo affettuosamente dandogli del mammone, e lui rideva» ricorda Umberto Fracca, il presidente del comitato che organizza l’annuale Sagra dell’Assunta . «Ci dava una mano a montare e smontare le baracche e a preparare i panini. È sempre stato generoso. P er come lo conosco, sono convinto che qualcuno gli abbia inculcato nella testa l’idea di uccidere i genitori».
La felpa da non rovinare
In famiglia non c’erano problemi economici: il padre, prima di andare in pensione, era socio di una conceria della zona. Durante l’interrogatorio Diego ha escluso che ci fossero litigi, anche se in paese adesso girano voci che giocasse d’azzardo e che le richieste di soldi si fossero fatte più insistenti . Ad ogni modo, il ragazzo non si negava nulla. Quando gli hanno comunicato che sarebbe stato trasferito in carcere, s’è preoccupato di non rovinare «la mia felpa, che è firmata Balenciaga ». Vista attraverso lo specchio dei social, la sua vita appare come quella di qualunque ventenne: le serate in discoteca, le vacanze in Liguria, i selfie con le ragazze... Un altro vicino di casa, però, racconta che negli ultimi tempi appariva diverso : «Pare frequentasse brutte compagnie, gente che gira con la droga. Andava nei locali e offriva da bere a persone che neppure conosceva, e pagava coi soldi che rubava alla nonna e ai genitori». Ma per adesso, di tutto questo Diego Gugole non parla. «È un po’ scosso » dice il suo avvocato Rachele Nicolin, che mercoledì l’ha incontrato in prigione a Vicenza e che ora lascia intendere quale potrà essere la strategia difensiva: «Chiederemo che sia sottoposto a un accertamento psichiatrico » . La follia, come unica alternativa a una vita in carcere.
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