Direttore Responsabile: Maria Teresa Della Mura
La gestione “smart”, o intelligente, dei rifiuti, si inserisce a pieno titolo nel più ampio contesto delle smart city. Il suo scopo è il tracciamento dei rifiuti, dal loro conferimento presso le abitazioni fino alla raccolta e al relativo smaltimento. In questo contesto la tecnologia svolge un ruolo abilitante e può migliorare la qualità della vita nelle città. Tecnologie abilitanti sono RFID, sensoristica, NFC (Near Field Communication) e IoT (Internet of Things), componenti integrabili fra loro.
In particolare, RFID (Radio Frequency Identification) è una delle tecnologie ritenute più idonee per una corretta gestione di tutto il ciclo: consente l’identificazione fissa e mobile, dati esatti raccolti in automatico per il calcolo della tariffa precisa (stimolo a comportamento virtuosi degli utenti)23, rapidità nelle operazioni di prelievo.
L’RFID, con la sua capacità di tracciare in modo automatico e massivo i contenitori dei rifiuti, rappresenta la tecnologia migliore per una gestione smart della raccolta dei rifiuti, al fine di giungere a un sistema di calcolo della tassazione più preciso ed equo (la cosiddetta “tariffa puntuale”), basato sul numero effettivo dei ritiri. Questo metodo spinge l’utente a selezionare i diversi tipi di materiali (carta, vetro, metallo, plastica, non-riciclabile), differenziandoli appunto, in modo da ridurre al minimo la quantità dei rifiuti residui da smaltire (rifiuti indifferenziati), e con ciò riducendo la relativa tassazione. Un sistema che ha anche il vantaggio di essere a basso costo di personale per l’ente che svolge il servizio di raccolta dei rifiuti.
Il sistema RFID si adatta a diversi sistemi di gestione smart dei rifiuti (sacchetti, mastelli, bidoncini, bidoni e carrellabile in generale, con capacità variabile) e prevede l’apposizione dei tag/transponder, il cui microchip è associato al codice utente del cittadino; sui sacchetti si applicano tag a perdere, sui bidoncini o mastelli di plastica tag a recupero.
La rilevazione e l’identificazione dei sacchi e/o dei contenitori avviene al momento del prelievo, in diverse modalità: identificazione volontaria, ossia tramite un operatore, oppure automatica; identificazione fissa oppure mobile e identificazione massiva degli item, quando più sacchetti sono contemporaneamente tracciati. I dati raccolti sono poi trasmessi automaticamente al sistema informatico del Comune o dell’ente che gestisce il servizio e si occupa del calcolo del tributo Tari; vengono registrati il codice utente, la data e l’ora del ritiro, il veicolo e l’operatore che hanno effettuato il servizio. È in questo modo che si può determinare una tassazione precisa per ogni utente.
La tecnologia RFID si inserisce nella gestione smart della raccolta dei rifiuti:
L’associazione logica, ossia il legare il codice identificativo univoco racchiuso nella memoria elettronica del tag al singolo utente, può essere contestuale all’associazione fisica:
La soluzione tecnologica può essere introdotta a posteriori rispetto alla produzione, applicando cioè il tag RFID in una posizione convenzionale sui contenitori già esistenti e in uso: l’operatore provvede così ad associare “sul campo” il codice del tag all’utente grazie a dispositivi RFID mobili, che trasferiscono poi i dati sul server centrale in loco oppure da remoto, in base alle necessità del progetto.
2) Assegnazione del sacchetto/contenitore agli utenti.
Una volta muniti di tag RFID, sacchetti e contenitori sono consegnati agli utenti con differenti modalità:
Conferimento dei rifiuti da parte dei cittadini negli appositi contenitori ed esposizione in fronte strada
4) Comunicazioni ai mezzi di raccolta
Eventuale comunicazione della missione di prelievo, dalla sede ai mezzi di raccolta: in questo caso è necessario che l’automezzo (o l’operatore) sia dotato di un tablet o di un dispositivo mobile in grado di visualizzare la mappa del territorio.
5) Raccolta dei rifiuti e identificazione automatica del tag RFID
In questa fase la tecnologia RFID può rilevare in modo automatico oppure volontario i contenitori. In particolare, la rivelazione è implicita (detta anche hand-free) quando l’operatore preleva i sacchetti con tag RFID da bordo strada e li conferisce nel cassone del mezzo, equipaggiato con reader e antenne RFID senza alcuna operazione aggiuntiva.
Si parla invece di rilevazione esplicita, ossia volontaria, quando l’operatore identifica i contenitori (dotati di tag) con un apparato mobile RFID, prelevando i sacchetti e contenitori da bordo strada e riversandoli nel cassone del mezzo con i criteri abituali: una soluzione, questa, adottata nel caso in cui l’accesso all’automezzo non è consentito, oppure come sistema di backup.
6) Scarico dei dati di raccolta rifiuti verso il server centrale/data base
I dati raccolti “sul campo” possono essere memorizzati all’interno di una memoria di massa removibile (es. memory card o chiavetta USB), per poi essere trasferiti su un PC in sede al rientro dell’automezzo dalla missione.
In alternativa, i dati possono essere memorizzati all’interno del controller RFID e trasferiti poi localmente sul server centrale tramite WiFi, al rientro dal giro di prelievo, oppure trasmessi in tempo reale con una comunicazione remota sul server centrale via rete mobile (GSM/GPRS).
7) Tariffazione puntuale all’utente (TARES)
Grazie ai dati acquisiti con questa modalità è possibile calcolare e quindi far pagare agli utenti esattamente ciò che è dovuto per il servizio.
I percorsi dei mezzi possono essere tracciati (con riferimento ai soli tag dei sacchi e/o dei contenitori, oppure con l’ausilio del GPS) al fine di ottenere report statistici.
Gli articolati scenari della raccolta rifiuti sono basati su infrastrutture tecnologiche dell’RFID altrettanto multiformi: la scelta del tag, ad esempio, risponde a parametri economici, di spazio, di resistenza (rugged), oltre alle capacità performanti.
I sistemi RFID passivi in banda UHF, grazie alle maggiori prestazioni di anti-collisione (tracciabilità di più tag in contemporanea) e di distanza di rilevazione, sembrano offrire una maggiore affidabilità.
Ma possono esistere anche tag smart label RFID UHF da apporre sui sacchetti, o da “annegare” all’interno delle plastiche dei contenitori o sotto il bordo del contenitore di plastica; gli hard tag RFID rivestiti di un’apposita plastica e applicati sul fronte esterno del contenitore, mentre i contenitori e cassonetti di metallo ospitano l’on-metal tag che può riportare in chiaro il codice a barre riferito a un progressivo numerico. La stampante RFID stampa questo progressivo numerico e memorizza anche lo stesso codice all’interno del chip del tag.
L’associazione del codice ID del tag con l’anagrafica utente può avvenire da una postazione fissa, oppure direttamente sul campo (nel caso di contenitori già consegnati in passato e quindi in uso), dotando l’operatore di computer mobili che incorporano un reader RFID e, con speciali antenne omnidirezionali, consentono distanze di lettura fino a 2 metri.
Il centro tecnologico del sistema RFID per la raccolta rifiuti si trova soprattutto a bordo degli automezzi, di tipo porter o camion, allestiti con appositi apparati RFID (controller, antenne e dispositivi add-on) per rilevare in modo automatico, quindi senza alcun intervento umano, e massivo quanto versato nel cassone. Le interfacce disponibili lato host sono le più comuni e comprendono: Ethernet RJ45, USB, RS232, RS485, TTL, Wi-Fi, GPRS, TTL/RS232.
Tutte queste informazioni concorrono quindi al calcolo della tariffa utente, composta da una parte fissa e una variabile, conteggiata in base al numero di ritiri del rifiuto non riciclabile: meno rifiuti indifferenziati significa quindi tariffe più basse.
Un unico cloud device, quindi, stand-alone e in grado di semplificare le operazioni di tracciabilità automatica e massiva dei diversi tipi di rifiuti e gestire la filiera del dato completo (rifiuti, operatore, veicolo) senza l’ausilio di veicolari.
I tag RFID vengono divisi in due grandi categorie: passivi e attivi. I primi non sono dotati di alimentazione, ma funzionano grazie al campo elettromagnetico emesso dal lettore quando si avvicina (secondo il principio dell’induzione). Questa energia è sufficiente per trasmettere le informazioni che contengono. I tag RFID attivi, invece, hanno una batteria che permette la trasmissione delle informazioni a una distanza maggiore dal lettore (100-300 metri). Questi ultimi hanno ovviamente potenzialità maggiori rispetto ai tag RFID attivi, in un’ottica di IoT, rispetto a quelle dei tag passivi, ma presentano un problema: la batteria, prima o poi, si scarica e va sostituita.
Una soluzione a questo problema sembra venire dai ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology): abbinare i tag RFID a una micro-cella fotovoltaica. Il materiale usato per realizzare le celle non è il silicio ma perovskite, formata da titanato di calcio; permette di costruire celle fotovoltaiche flessibili, trasparenti e anche efficienti per alimentare un tag RFID. Secondo i ricercatori, nelle giuste condizioni ambientali, un tag alimentato da queste celle può funzionare per diversi anni prima di avere bisogno di un intervento di manutenzione. La perovskite, inoltre, è un materiale a basso costo, che si adatta bene a una tecnologia a basso costo come RFID (un’etichetta passiva può costare fra i 5 e i 20 centesimi di euro).
Per quanto riguarda le informazioni che un’etichetta tag RFID può contenere, si va da quelli che possono archiviare un numero seriale di 96 o 128 bit (“Identificazione permanente unica” – UID), ai tag RFID per applicazioni industriali che hanno una memoria di 2 KB, sufficiente per memorizzare informazioni e un numero identificativo di dati associati al prodotto.
In tutto il mondo risultavano installati complessivamente, nel 2018, circa 379mila sensori per la gestione smart dei rifiuti. La stima entro il 2023 è di 1,5 milioni.
Il mercato europeo è molto attivo, soprattutto nei Paesi Bassi, in Francia, Inghilterra, Spagna e nel Nord Europa. I player più importanti del settore sono industrie statunitensi, seguite quelle finlandesi e cinesi. Queste aziende gestiscono circa il 60% del mercato globale e la maggior parte di esse si è concentrata in un settore specifico, quello che riguarda la gestione dei cassonetti, dei cestini pubblici e del recupero di tessuti riciclabili.
Per la connettività di questi sensori IoT si utilizzano varie tecnologie, anche quella cellulare 2G/3G/4G. A queste, oggi vi sono numerose alternative, ad esempio le tecnologie LPWA (NB-IoT, LTE-M, LoRaWAN e Sigfox), apprezzate per la lunga durata e il basso consumo delle batterie. Secondo una stima, entro il 2023 queste tecnologie copriranno il 50% del mercato dei sensori per la gestione rifiuti.
Nell’ecosistema IoT esistono anche altre tecnologie utilizzabili per identificare i livelli di riempimento dei cassonetti. Ad esempio, il sistema a sensori ottici laser. Lanciato nel 2016 con la finalità di incentivare la raccolta ecologica dei materiali di scarto riciclabili, attualmente questo sistema IoT di raccolta intelligente dei rifiuti è attivo negli Stati Uniti e in Europa, in particolare in Danimarca.
Il sistema comprende un sensore che funge da dispositivo rilevatore con la capacità di trasmettere i dati al relativo software. Sono inoltre presenti dei sensori ottici, di movimento e di temperatura, la cui attività sinergica garantisce una perfetta sincronia di rilevazione. Posizionato sul coperchio di ogni cassonetto, il dispositivo è rivolto verso l’interno, per rilevare in tempo reale le condizioni dei contenitori. Anche se i materiali non sono distribuiti in maniera uniforme, l’estrema accuratezza dei sensori garantisce comunque misurazioni attendibili e sicure.
Utilizzando l’intelligenza artificiale, il software del sistema riesce a creare anche una elaborazione 3D dello stato del contenitore.
Uno dei principali vantaggi offerti da questo sistema IoT è offerto dalla possibilità di rilevamento di eventuali situazioni di pericolo, come gli incendi, che vengono evidenziate dai sensori di temperatura. Un accelerometro incorporato è in grado di trasmettere movimenti anomali del contenitore, come lo spostamento o il rovesciamento. Tutti questi dati sono rilevati costantemente e inviati al software. Un ulteriore vantaggio di questo sistema è quello relativo alla durata della batteria, la cui autonomia può arrivare fino a 6/7 anni.
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