Quando ha risposto al messaggio, era al confine Siret-Porubne, tra Romania e Ucraina. Dalla foto che aveva inviato, si notava che non c’era neve. Vicino alla piazzola dove sostavano alcuni mezzi pesanti un’aiuola era brulla, il freddo quindi non dava tregua. Al di là della recinzione, si vedevano un uomo, due donne e una bambina, a piedi, trascinavano dei trolley e avevano in mano alcune buste di plastica. Superata la frontiera, sarebbero stati in salvo. Svitlana Hryhorchuk appariva tra due carrelli della spesa pieni di scatole: “Abbiamo portato tante cose e cerchiamo di entrare in Ucraina – aveva scritto – Proviamo a entrare in un orfanotrofio e in una chiesa, dove sono rifugiati molti profughi”.
Il suo primo viaggio, Svitlana lo aveva fatto poco dopo lo scoppio della guerra. Da sola, oltre 20 ore di macchina, per trarre in salvo i suoi genitori. Lei vive da anni in Italia, a Napoli, è sindacalista Usb e si occupa prevalentemente di immigrazione. Quando è riuscita a portare con sé la madre e il padre, aveva promesso che sarebbe tornata per salvare quante più persone possibile. Glielo avevano chiesto anche le numerose badanti ucraine che assiste col suo sindacato, molte delle quali sono sole, avendo lasciato i figli o con i nonni o con i mariti. Lavorano in Italia quasi tutte prive di tutela, senza contratto, con una paga nettamente inferiore all’impegno profuso, sradicate dalla loro terra e dalla famiglia d’origine, costrette a lasciarsi dietro i bambini, che quando rientrano in Ucraina ritrovano adolescenti.
Al ritorno dal suo quarto viaggio, Svitlana ci ha raccontato di aver visto intere regioni bombardate, sia dai russi che dai bielorussi o dagli stessi ucraini. La popolazione civile si nasconde nelle cantine anche per diversi giorni e, quando rischia di morire di fame, i soldati russi distribuiscono aiuti umanitari, ma solo per dimostrare di essere buoni. Chi si rifiuta di farsi filmare in queste scene, viene anche fucilato. “Nel frattempo – dice – gli ucraini usano ogni mezzo per far conoscere il loro valore militare, per far sapere che stanno combattendo come gladiatori, che stanno sconfiggendo i russi e quasi sono immortali. Intanto, ovunque i campi sono minati ed è davvero difficile per la popolazione civile uscire dai paesi e mettersi in salvo”.
Svitlana sostiene che gli aiuti che arrivano dalla Romania o dalla Germania non sono sufficienti; grossi quantitativi vengono bloccati a Leopoli e qui gestiti dalla mafia ucraina, che fa foto mentre li smista giusto per mostrare che tutto funziona regolarmente. Chi cerca di fuggire, ha la possibilità, o la fortuna, di prendere i treni per Leopoli, che lo Stato ha reso gratuiti, Arrivati a Chernivzi, devono sperare di trovare una navetta che li porti alla frontiera rumena. “Alcuni da Nicolaev, Mariupol e Odessa riescono a piedi ad arrivare in Moldavia, che è un paese costosissimo. – racconta – A Chernivzi, poi, la chiesa ortodossa che ti offre qualche servizio gratis. Anche a Leopoli è tutto a pagamento. A una famiglia di quattro persone, che non aveva soldi con sé, sono stati chiesti 2000 euro per essere portata in Italia. Per fortuna, alcuni giovani volontari italiani al confine con la Romania hanno messo su una struttura di accoglienza”.
Adesso Svitlana e la sua carovana solidale sono rientrati in Italia. Lei è contenta perché tutti i profughi iniziano a trovare una sistemazione e un lavoro, e, soprattutto, i nuclei familiari non vengono separati. Durante quest’ultimo viaggio in Ucraina, buona parte della spesa raccolta grazie alla generosità italiana è stata consegnata a un orfanotrofio, dove trovano riparo 76 neonati rifugiati. Non è dato sapere al momento il numero esatto dei presenti dai 5 ai 18 anni. L’unico campo ucraino che hanno visitato accoglie 9mila famiglie di profughi. La crisi umanitaria è già pesante così.
Svitlana e il suo compagno Costantino Saporito stavolta sono riusciti a portare con loro 200 persone. Stremati dalla stanchezza, avevano pensato di non tornare più in Ucraina. Ma, una volta in Italia, la consapevolezza di aver salvato vite umane ha fatto dimenticare la promessa fatta. Svitlana ci dice che proveranno a ritornare: “Sappiamo quanto è importante il nostro aiuto per rifugiati in un momento così drammatico”.
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Di Francesco Riccio, prefazione di Gianni Cuperlo, edizioni Strisciarossa, €15
Un viaggio nel Pci, un omaggio a compagne e compagni con i quali Francesco Riccio ha trascorso (da militante – funzionario – dirigente) un trentennio. Dai successi elettorali nel segno di Enrico Berlinguer al declino dopo la sua scomparsa. Gianni Cuperlo nella prefazione coglie gli aspetti principali del racconto mentre Bruno Magno, storico grafico del Pci, li sintetizza nella copertina. Due omaggi all’autore per tanti anni loro compagno in quel viaggio. [Continua la lettura]