Materiali non riciclabili: come si smaltiscono correttamente?

2022-07-29 18:14:55 By : Ms. Angela Li

Oggi 29 luglio 2022 - Aggiornato alle 10:15

Un mezzo sopra una discarica di rifiuti- Credit: iStock

Discarica, termovalorizzatore o procedure più specifiche: ecco cosa c’è da sapere.

Negli ultimi anni l’Italia ha compiuto passi da gigante nel settore della raccolta differenziata. Tuttavia, l’elenco dei rifiuti che non è possibile riciclare – non per colpa dei cittadini - è ancora molto lungo. Un primo passo, anche se può sembrare noioso o faticoso, è leggere attentamente l’elenco dei rifiuti da gettare nel cassonetto dell’indifferenziato (il cosiddetto “secco”). Questo elenco in genere è contenuto nel vademecum per una corretta raccolta differenziata che ogni Comune fornisce ai cittadini. L’elenco può essere cartaceo o è consultabile online. 

I materiali non riciclabili sono di uso quotidiano o riguardano oggetti che utilizziamo solo per necessità particolari. Una precisazione iniziale va comunque fatta: da un po’ di tempo, per alcuni prodotti non riciclabili – come cotton fioc o assorbenti per il ciclo mestruale – sono disponibili su larga scala le versioni biodegradabili. Alcune di queste versioni eco-friendly, tornando all’esempio degli assorbenti, devono sicuramente essere migliorate sotto alcuni aspetti (come la resistenza). Per altri prodotti, come i cotton fioc, si può tranquillamente passare fin da subito alla versione biodegradabile. Tra gli oggetti di uso quotidiano che devono essere gettati nel cassonetto dell’indifferenziato, ci sono pannolini per bambini e adulti, i già citati assorbenti, cenere e mozziconi di sigaretta, rasoi, accendini e spazzolini da denti. 

Rientrano nell’elenco dei non riciclabili anche quegli oggetti legati all’emergenza Covid, come mascherine monouso e guanti in lattice. Vanno gettati nel secco anche i sacchetti per l’aspirapolvere, le lettiere per animali domestici, le capsule del caffè (alcuni marchi, però, producono caffè con capsule biodegradabili), cerotti, lampadine, calze in nylon, CD e DVD e, tornando più indietro nel tempo, le musicassette e le videocassette VHS. Ci sono, poi, gli scontrini fiscali. In molti continuano a gettarli nella carta.

Purtroppo, invece, non sono riciclabili. Infatti, gli scontrini sono composti da carte termiche e sostanze che reagiscono al calore e possono quindi generare problemi nelle fasi del riciclo. Come già detto, l’elenco dei prodotti non riciclabili è davvero lungo. Tra questi, ci sono anche spazzole per capelli, alcune confezioni di cosmetici, giocattoli per bambini, oggetti in cotto e porcellana, occhiali, la carta oleata e la carta forno che usiamo in cucina. E poi penne e pennarelli, scarpe e anche i cartoni della pizza quando sono molto sporchi.

Cosa succede dopo aver gettato gli oggetti elencati nel cassonetto dell’indifferenziato? I materiali non riciclabili finiscono in discarica e/o in un termovalorizzatore. In sintesi, verranno depositati in un impianto che prevede la produzione di combustibile derivato dai rifiuti. In Italia, attualmente, ci sono 37 termovalorizzatori. Gli impianti sono ubicati in prevalenza al Nord (26). Al Centro e al Sud sono operativi, rispettivamente, 5 e 6 impianti.

Per quanto riguarda la presenza di termovalorizzatori sul territorio nazionale, l’Italia non è allineata con gli altri Paesi europei: basti pensare che in Francia sono presenti 126 impianti e 96 in Germania. Nel nostro Paese, infatti, è ancora molto acceso il dibattito sulla presunta pericolosità dei termovalorizzatori, in particolare per quanto riguarda l’emissione di fumi. 

I materiali non riciclabili vengono scaricati nella vasca di raccolta e miscelazione. Da lì vengono caricati nelle caldaie delle tre linee di combustione, la cui temperatura è regolata a oltre 1.000 gradi, per l’ossidazione completa dei rifiuti. Il calore generato dalla combustione emette vapore ad alta pressione, che viene immesso in un turbogeneratore per la produzione di energia elettrica e, in seguito, utilizzato per scaldare l’acqua che alimenta la rete del teleriscaldamento della città. Tornando alla questione più delicata, quella dei fumi, ogni linea di combustione prevede un trattamento dedicato. Già nella camera di combustione i fumi sono trattati con ammoniaca, per abbattere gli ossidi di azoto. Successivamente passano attraverso un sistema catalitico, per un’ulteriore riduzione di ammoniaca e degli ossidi di azoto.

In uscita dal circuito della caldaia, arrivano a un sistema di depurazione e filtrazione, in grado di trattenere i microinquinanti, tra cui metalli pesanti e diossine. I fumi depurati, infine, passano attraverso filtri a maniche, che trattengono tutte le polveri in sospensione e vengono poi convogliati al camino.

In base alle statistiche ufficiali disponibili, nel 2019, all’interno dei termovalorizzatori italiani sono state trattate 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali da urbani, producendo 4,6 milioni di Mwh di energia elettrica e 2,2 milioni di Mwh di energia termica. Questa energia (rinnovabile al 51%) è riuscita a soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie. Come già accennato, in Italia sarebbero necessari più termovalorizzatori. Secondo Utilitalia, mancano impianti per trattare 5,7 milioni di tonnellate di spazzatura all’anno. In particolare, al Centro e al Sud c’è una carenza critica e, se non si inverte questa tendenza, si continuerà a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica. Attualmente lo smaltimento in discarica corrisponde al 20%: un dato da dimezzare nei prossimi anni.

Ci sono poi altre categorie particolari di rifiuti, per i quali sono previste procedure di smaltimento ancora più specifiche: infatti, necessitano di essere trattati in impianti ad hoc e da operatori altamente specializzati. Prendiamo ad esempio gli elementi d’arredo e gli utensili presenti nelle nostre case: mentre legno e tessuti possono essere riutilizzati per la produzione di nuovi oggetti, gli “ingombranti” (armadi, divani, elettrodomestici, ecc.) sono chiamati così in quanto oggetti di dimensioni importanti e con materiali particolari, in alcuni casi potenzialmente anche molto inquinanti (basti pensare a computer, frigoriferi e televisori).

Sia i rifiuti elettronici che gli ingombranti devono essere conferiti nelle apposite isole ecologiche. I rifiuti speciali domestici, infine, sono le pile, i medicinali, le batterie dell’auto e l’olio esausto: quest’ultimo si riferisce sia all’olio che è utilizzato per friggere in cucina che all’olio del motore dell’auto. I rifiuti speciali domestici devono essere conferiti in appositi contenitori (pile e medicinali) o direttamente nelle isole ecologiche. Non vengono smaltiti nella discarica tradizionale, ma necessitano di una procedura particolare tramite operatori specializzati.

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