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Location lontane dai distretti tradizionali: a Baranzate elogi per l’esposizione artistica alla vecchia Necchi Certosa a due facce. Alcova si amplia all’ospedale militare di Baggio
Baranzate ateliers, progetto di un gruppo di designer belgi nella vecchia Necchi
Due ventole d’aerazione in metallo pesante «Jucker» danno il benvenuto a un luogo dal fascino finora sconosciuto, segni di archeologia industriale a Baranzate nella vecchia Necchi (dove si producevano macchine da cucire), la meta inedita più attesa dell’edizione 2022 del «fuori» salone, per la prima volta «fuori» anche dalla città. Dalla fiera serve un piccolo detour tra i ponti che si alzano attorno all’autostrada (ogni 20 minuti parte una navetta), fino a svelare un’immagine da cartolina all’orizzonte con ben delineate, e rischiarate dalla parentesi di pioggia nel clima torrido, le sagome di Grigna, Resegone e Monte Rosa, il design al naturale che avvolge Milano , per una settimana davvero capitale, con tanto di metrò aperto fino alle 2.
Gallery: Milano design week: gli eventi e le installazioni
Tempo di inaugurazioni, debutti e anteprime al lunedì, nella settimana che si allunga già prima della vigilia del Salone del Mobile, al via stamattina per gli operatori di settore (sabato e domenica l’apertura al pubblico). Nel distretto industriale a Nord-Ovest della città, le vecchie fabbriche dismesse ospitano senza tetto e irregolari , tra ripari di fortuna, rifiuti e bottiglie rotte. Dunque sorprende lo scenario che si apre all’interno, con installazioni artistiche sofisticate tra le arcate luminose del complesso da tremila metri quadri a cui si accede da uno squarcio sul muro. La firma del riuscito progetto «Baranzate ateliers» è di un gruppo creativo belga creato dal visionario Lionel Jadot , su coinvolgimento dalla famiglia Necchi, innamoratasi del progetto originario realizzato in un ex cartiera di Bruxelles vicino all’aeroporto (Zaventem ateliers) e scoperto durante un’esposizione del Fuorisalone dell’anno scorso, alle 5Vie, in via San Maurilio. Tappezzerie, mobili, luci, installazioni tra sacro e profano, colori e pezzi unici rubano l’occhio , mentre sul retro appaiono motociclette e camper dei designer, che si definiscono una gilda di artigiani medievali, dall’animo «gitano», riprendendo una felice definizione dal New York Times . In via Milano 251 — dove per pulire tutto sono serviti mesi e la collaborazione dell’«unico residente», un sans papier nordafricano —, la sera si preannunciano grandi feste (la prima delle quali è stata domenica). In particolare, attesa per domani, con l’evento assieme a Belgium is design e Collectible. Ma le nuove rotte ai confini della città, da ieri includono anche un nuovo distretto di periferia: il Certosa district.
L’operazione è nata da un’iniziativa immobiliare, ma riguarda il design nello spazio ricavato all’ex stabilimento Koelliker di via Barnaba Oriani (tra viale Certosa, viale Espinasse e la ferrovia), nuovo progetto dell’olandese Organisation in design di Margriet Vollberg — già protagonista del lancio di zona Lambrate e Ventura anni fa, nonché dell’apertura dei Magazzini raccordati della Centrale (altra location riattivata dal design e pronta a nuova vita con il progetto Dropcity, ammirabile in questi giorni) — al ritorno in città dopo il forfait nell’edizione Covid, con annesso «crac» della mostra sperimentale trasferita all’ex Ansaldo in via Tortona, che lasciò a secco espositori e addetti ai lavori («ho perso tanti soldi, è stata dura, ma Milano mi ha riaccolta...» assicura oggi). Lavori ancora in corso ieri con gli ultimi preparativi per l’apertura ufficiale al pubblico di stamattina: appuntamento per l’anteprima alle 15. Alle 15.30 al cancello di via Barnaba Oriani 27 c’è un gruppo di persone in attesa. L’accesso è chiuso , alcuni cartelli invitano a raggiungere l’ingresso dal lato opposto, mezzo chilometro di camminata. Raggiunto l’ingresso in via Giovanni da Udine altri fogli A4 di carta con scritte a mano indicano «Here it is!» (è qui), anche se a terra si accatastano pallet, sacchi neri, valigie, proprio all’ingresso dell’area espositori e con perdite di acqua dal tetto e secchi e cartoni a terra nello spazio principale. Lo spazio — diecimila metri quadri con altezze monstre — permette di muoversi facilmente tra le opere. Ci sono anche un patio e un teatro. Il progetto è in collaborazione con Beyond space, architetti specializzati in interni e trasformazioni su grande scala .
Tra le novità dell’anno scorso, si amplia invece il progetto Alcova all’ex ospedale militare di via Saint Bon : un luogo ritornato al centro delle vite dei milanesi come hub delle vaccinazioni anti-Covid, e aperto al pubblico lo scorso settembre per la prima volta in concomitanza con il Supersalone della ripartenza tra le fasi pandemiche. Elogiato per lo spirito pionieristico da primi fuorisaloni (luogo di incontro e relazioni del design indipendente), Alcova è una piattaforma creata da Joseph Grima (Space Caviar) e Valentina Ciuffi (Studio Vedèt) che, fisicamente, si snoda tra una serie di edifici d’epoca (la «casa delle suore», il «tempio», la «lavanderia» e l’«e-space» con le sue suggestive terrazze e mansarde) nel complesso demaniale immerso nel verde, dove svettano anche le «palme della discordia», esemplari himalayani assai diffusi in città, nonostante ci sia chi continui a teorizzarne l’estraneità culturale (vedi il caso di piazza del Duomo).
L’agenda in centro
Non solo periferia, il Fuorisalone è ormai iniziato in quasi tutti i distretti, da Brera a Tortona fino all’epicentro della Statale , dove ieri è stata presentata la tradizionale mostra di Interni . L’anima green dell’evento è richiamata ovunque, il design è esibito come il vero motore progettuale della transizione ecologica, ma emblematici sono i progetti tra Darsena e Navigli . Nell’antico porto ha inaugurato la «Foresta galleggiante» per Timberland, mentre il ponte Alda Merini sul Naviglio Grande è diventato una serra multisensoriale con il progetto del marchio Corona chiamato «Natura urbana»: ogni 500 persone che passeranno sarà piantato un albero tra Trezzano e Gaggiano.
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