Quali sono i materiali utilizzati per un packaging più sostenibile?

2022-03-03 06:04:23 By : Mr. Ben Ou

Dal “tradizionale” cartone alle bioplastiche, fino ai sacchetti per il pane a base di scarti d’avena.

Il packaging sostenibile è quell’imballaggio che a lungo termine non crea un forte impatto ambientale o che aiuta in qualche modo a ridurlo.

Un altro modo è ottimizzare l’uso di catene logistiche e di produzione, processo che può consentire un uso ridotto di materia prima anche per gli imballaggi. Spazio anche al riutilizzo e al “riciclo creativo”: gli oggetti non vengono più concepiti come usa-e-getta, bensì come articoli riutilizzabili più volte. Già oggi sia la vita di un prodotto che quella del suo imballaggio sono progettate per durare più a lungo: in questo un grande aiuto arriva dall’eco-design. Va inoltre tenuto a mente che un’azienda che non usa scatole e imballaggi eco-friendly si fa una pessima pubblicità. I consumatori sono sempre più coscienti dell'impatto ambientale dei propri acquisti: quindi, tendono a premiare quelle aziende che condividono valori e obiettivi simili, in materia di salvaguardia ambientale.

Il materiale principale di un packaging rispettoso dell'ambiente è senza dubbio, nell’immaginario collettivo, anche il più grezzo: il cartone. Il cartone rappresenta una soluzione sempre conveniente. È utile, resistente, economico, organico e soprattutto sostenibile. È estremamente durevole e può essere prodotto nella misura che più si preferisce. Può avere pareti con due o tre strati e, se assemblato correttamente, può sostenere anche un peso elevato. Inoltre, è perfetto per ogni tipo di spedizione. Se, poi, non è costituito in partenza da materiale riciclato, è comunque biodegradabile all’80%. Queste caratteristiche lo rendono il materiale da imballaggio più utilizzato dalle aziende, sia per le spedizioni che per la conservazione dei prodotti. Meglio ancora, poi, se gli imballaggi in cartone sono contrassegnati dal marchio Forest Stewardship Council (FSC). Si tratta della certificazione che garantisce che il packaging è stato prodotto con materiali provenienti da foreste gestite in modo responsabile.

Il Mater-Bì è composto da sostanze vegetali, come l’amido di mais, e polimeri biodegradabili ottenuti da materie prime sia di origine rinnovabile che di origine fossile. Grazie alle sue caratteristiche di biodegradabilità, compostabilità e all’alto contenuto di materie prime rinnovabili, consente di ottimizzare la gestione dei rifiuti organici, di ridurre l’impatto ambientale e contribuire allo sviluppo di sistemi virtuosi con vantaggi significativi lungo tutto il ciclo produzione-consumo-smaltimento. Il Mater-Bì possiede una serie di caratteristiche distintive, come la lavorabilità, con le stesse tecnologie delle plastiche tradizionali e con produttività simile, l’intrinseca anti-staticità e la sterilizzabilità con raggi gamma.

La polpa di cellulosa è un composto di origine vegetale realizzato con fibre vergini di scarto della lavorazione della canna da zucchero e del bambù. Biodegradabile e compostabile al 100%, la polpa di cellulosa viene utilizzata soprattutto per produrre bicchieri e contenitori per il cibo (come piatti, bicchieri, etc.), resi impermeabili grazie all’abbinamento con il Mater-Bì e quindi capaci di contenere cibi e liquidi, di resistere al calore (fino a 200°C) e di essere utilizzati anche per la cottura in forno e a microonde. In sintesi, la polpa di cellulosa è un composto ecologico per due motivi: si biodegrada completamente e viene prodotto utilizzando scarti di produzione che altrimenti finirebbero al macero.

Le bioplastiche non sono altro che lunghe catene di polimeri che si comportano esattamente, per durata e flessibilità, come le cugine di origine fossile. La differenza sostanziale è che le bioplastiche sono – come suggerisce il nome – biologiche e sono composte (in tutto o in parte) da risorse rinnovabili, dette bio-based o da biomassa, come alghe, piante, organismi marini, microrganismi o derivati da rifiuti organici. Tra le materie prime di origine non fossile più utilizzate per produrre le bioplastiche ci sono la canna da zucchero e l’amido di mais: quest’ultimo viene usato per produrre acido lattico e poi acido polilattico (detto anche PLA). Entrambe le sostanze trovano largo impiego come fibre per il settore tessile e nel settore degli imballaggi, e possono anche essere utilizzate in altri ambiti, come quello delle calzature e quello automobilistico.

Un’altra materia prima per la produzione di bioplastiche sono le alghe, che hanno caratteristiche molto interessanti: assorbono anidride carbonica durante il loro ciclo vitale, anziché liberare CO2. Le alghe, inoltre, non competono con le fonti alimentari e crescono molto rapidamente. Anche per questo motivo, rappresentano una soluzione poco costosa ed ecologica per la produzione di bioplastiche. La biomassa algale comprende, infatti, polimeri a base di proteine e carboidrati che possono essere utilizzati come uno dei componenti delle bioplastiche. Attualmente dalle alghe è possibile ricavare cellulosa, amidi e un numero piuttosto elevato di polimeri. L’università del Sussex, ad esempio, ha sviluppato Marinatex, una pellicola per imballaggi ricavata dalle alghe rosse e dalle scaglie dei pesci, biodegradabile e compostabile.

Il pet riciclato (o R-Pet) è un’alternativa sostenibile per quelle confezioni che invece richiedono ancora la plastica. Il Pet (polietilene tereftalato) è un materiale plastico infrangibile e leggero, quindi indicato soprattutto per la creazione di imballaggi destinati a prodotti cosmetici e farmaceutici. Inoltre il Pet è 100% riciclabile e dal suo corretto recupero e riciclo nasce il R-Pet, che mantiene le stesse caratteristiche del materiale vergine. L’unico “difetto” è che, rispetto al Pet standard, il Pet riciclato può presentare lievi viraggi di colore tra un lotto di produzione e un altro.

Gli scienziati hanno estratto cellulosa micro-fibrillata (CMF) dagli scarti di cereali. Questa è stata incorporata in imballaggi leggeri, biodegradabili e rinnovabili, con proprietà meccaniche e di protezione superiori e un’impronta ambientale ridotta. Ciò è stato possibile grazie al progetto FUNKIFIBRE (“Cereal waste valorisation through development of functional key fibres to innovate in fibre packaging materials”), finanziato dall’Unione Europea. Tra gli imballaggi a base di scarti d’avena che è già possibile acquistare ci sono, ad esempio, i sacchetti per imbustare il pane.

©2022 Telecom Italia - Partita IVA: 00488410010