I rapporti istituzionali tra Italia e Russia raggiungono livelli di tensione mai visti prima. Dopo le parole fortissime pronunciate dall’ex presidente russo Dmitry Medvedev (di cui abbiamo parlato qui) e il “ricatto” di Vladimir Putin per i dati raccolti nel nostro Paese a marzo (di cui abbiamo invece parlato qui), dal Cremlino arriva notizia di un’altra ritorsione.
Le accuse russe sulla “moralità” dei nostri media e dei nostri politici e sulla presunta “violazione dei diritti dei cittadini russi” sarebbero sfociate nella pianificazione di una campagna contro l’Italia già a inizio marzo. Vale a dire a pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina. Una propaganda basata sulla disinformazione su armi, sanzioni e sulla “russofobia” da parte italiana.
La campagna anti-italiana è partita dal ministero degli Esteri russo ed è subito stata rilanciata da canali social, influencer e opinionisti. Con due obiettivi fondamentali:
Il piano è stato stilato dai vertici del Cremlino a inizio marzo e prevede un attacco da sferrare sul piano della propaganda, attraverso la diffusione di fake news. Una vasta ed efficace rete di disinformazione, basata anche si pratiche di spionaggio e assunzioni in aziende russe, che il Copasir ha rilevato e sulla quale ha aperto un’inchiesta.
La prima delle accuse mosse dal Cremlino contro il nostro Paese riguarda la russofobia. Come riporta il Corriere della Sera, la relativa campagna disinformativa vive una data calda lo scorso 5 marzo, quando l’ambasciata russa in Italia pubblica sulla sua pagina Facebook un avviso inequivocabile: “A causa dell’aggravata situazione internazionale e della campagna di disinformazione anti russa dei media, il numero di casi di discriminazione nei confronti dei cittadini russi all’estero è aumentato vertiginosamente”.
Il riferimento all’Italia viene esplicitato su Telegram, dove il messaggio viaggia per giorni invadendo canali e chat. Il Governo Draghi viene accusato di essere in prima linea nella “russofobia”. Il 28 marzo la strategia del Cremlino passa alla fase successiva e spinge una petizione su Change.org “contro la disumanizzazione del popolo russo da parte dei media italiani”. Una tesi riproposta ancora una volta in questi giorni dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov.
La seconda accusa russa contro l’Italia riguarda le sanzioni (dall’embargo petrolio a gas e merci, cosa prevedono le sanzioni Ue alla Russia). In questo caso si assiste alla messa in pratica del cosiddetto “ribaltamento”: il taglio delle forniture di gas verso Ue e Italia e l’aumento dei prezzi “è colpa dell’Ucraina”. Una dichiarazione già sentita, ma che introduce un punto di vista differente e di sicura presa sul sentimento popolare: la “vittima” degli effetti della guerra diventa l’Europa e, di conseguenza, l’Italia. È il cavallo di battaglia della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: “Per la mancanza di materie prime russe molti produttori di carta, vetro, cosmetici, potrebbero dover chiudere”.
La tesi dell’effetto boomerang delle sanzioni volute dai governi “ostili”, e non certo dai lavoratori che ne pagano le conseguenze, è servito. Il messaggio viene prontamente rilanciato da personalità influenti come Cesare Sacchetti, gestore di un canale Telegram con oltre 60mila iscritti, ritenuto uno degli appartenenti al circuito della disinformazione. I gruppi filorussi si scatenano anche su Twitter, prendendo di mira l’Esecutivo Draghi a tappeto, coinvolgendo qualsiasi settore o notizia di contrazione economica. Perfino in relazione al vino friulano: “Se ne esporta il 20% in meno. Una cosa è certa: le sanzioni all’Italia stanno funzionando”.
Secondo gli analisti, la lunga mano della disinformazione russa si stringerà ancora di più attorno all’Italia nei prossimi giorni. E non si tratta di un caso, visti gli imminenti appuntamenti politici e parlamentari che potrebbero rivelarsi cruciali. A partire dal 21 giugno, quando il premier Mario Draghi riferirà alle Camere in vista del Consiglio europeo e poi si voterà la risoluzione di maggioranza sulla guerra.
In vista di questa occasione, la rete dei sostenitori di Putin ha intenzione di entrare nei nostri cellulari attraverso fake news veicolate da politici, influencer, giornalisti freelance con interviste tv, post sui social network e petizioni. Il tutto rilanciato dai siti web filorussi come autentici proiettili. D’altronde, questa è una guerra anche di informazione (oltre che economica e alimentare, come abbiamo sottolineato qui).
Lo scopo finale di Mosca è il boicottaggio dell’azione del Governo, “reo” secondo il Cremlino di aver aderito convintamente alle sanzioni anti-russe di aver inviato armi e mezzi militari all’Ucraina. Per perseguire tale scopo, la Federazione Russa utilizza la stessa strategia inaugurata fin dalle prime settimane del conflitto (se non da prima): screditare l’azione dell’amministrazione Draghi agli occhi dei cittadini, dimostrando con notizie false e tendenziose che le sanzioni “danneggiano soprattutto chi le decreta”.
Disinformazione in pieno stile russo, verrebbe da dire. Eppure a fine maggio uno di questi fantomatici effetti indesiderati si è osservato. L’Italia senza volerlo è diventata una delle principali destinazioni del petrolio russo in Europa, con importazioni di greggio che a maggio sarebbero addirittura quadruplicate rispetto al periodo precedente la guerra in Ucraina.
Secondo le stime di Kpler, parliamo di circa 450mila barili al giorno, un livello mai così alto dal 2013. Occorre però precisare che gli accordi di fornitura sembrano essere stati pilotati quasi interamente dal Cremlino, con l’obiettivo di rifornire le raffinerie che tuttora controlla nel nostro Paese.
La disinformazione in Russia è sistematica, cioè fa parte di un sistema. In altre parole: è un’istituzione. Fin dai tempi dell’Unione Sovietica, il Paese mette in atto metodologie di mascheramento della verità che sono diventate una vera e propria regola per chi va al potere. Gli strumenti operativi di quest’azione sono sostanzialmente due “misure attive” (aktivnye meropriyatiya in lingua originale):
Come ricorda Inside Over, per “attive” si intendono quelle azioni portate avanti nella cosiddetta “zona grigia”, e cioè in un conflitto che non prevede apertamente l’uso dello strumento militare o lo prevede solo in modo limitato. Da qui la scelta di Putin di definire l’invasione dell’Ucraina un’operazione militare speciale e non una guerra: se la dichiarazione non è ufficiale, si può sempre opporre una negazione plausibile (non solo Alessandro Orsini: chi sono tutti i putiniani d’Italia). E confondere (se non aizzare) l’opinione pubblica, soprattutto nei Paesi avversari. In questo senso la Russia si muove come una grande macchina, coinvolgendo anche i canali della diplomazia, del sabotaggio e dell’allontanamento degli oppositori interni.
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