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Al Trump Golf Club più vicino a Ground Zero, l’ex presidente ospita un evento di golf finanziato dai sauditi. L’ira delle famiglie delle vittime: «Paese estremista». E Trump ritratta sui terroristi
Un pomeriggio sul campo da golf, molti messaggi. Non tutti volontari. Donald Trump , intanto, appare in una rara versione struccata, in abiti informali : cioè pallido e senza il consueto cerone arancione che gli conferisce, da sempre, un’aria abbronzata. Un volto improvvisamente fragile, che fa il giro dei social: «È uno zombie», «sta morendo», i commenti più miti. In molti si interrogano anche sulla cicatrice, improvvisamente visibile, che gli contorna il mento. Ma il dibattito generato dalla presenza di Donald Trump e del figlio Eric alla Pro-Am del terzo evento del 2022 della Superlega araba (sostenuta dal Pif, il fondo sovrano saudita), ospitato oltretutto proprio dal Trump National Golf Club in New Jersey, va molto oltre l’estetica.
La scelta di ospitare lo sport saudita, da parte di Trump, potrebbe intanto leggersi come una rivincita contro l’associazione sportiva del golf americano: dopo il 6 gennaio 2021, con l’assalto al Congresso, gli impianti di Trump sono stati snobbati dai grandi eventi ufficiali.
Ma il sostegno alla Superlega araba, soprattutto, ha creato molti malumori. Ad esempio tra i familiari delle vittime dell’11 settembre , che nelle scorse ore hanno mostrato il loro disappunto verso l’Arabia Saudita. «Un Paese estremista, che cerca di ripulirsi attraverso lo sport», scrive in una lettera aperta l’associazione delle famiglie delle vittime. Quella di Trump, che già nel recente passato ha invitato i campioni del golf «ad accettare le ricchissime offerte della LIV Golf», è una scelta che arriva a tredici giorni dall’incontro a Gedda di Joe Biden con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Dopo essersi salutati con il pugno all’arrivo del presidente americano, c’è stato un botta e risposta. Con Biden che gli ha contestato l’uccisione del giornalista Jamal Kashoggi. La replica è stata secca: «Non siamo coinvolti con l’assassinio e gli Usa non interferiscano».
Del resto la monarchia saudita ha sempre negato, con identica decisione, ogni coinvolgimento nell’attentato terroristico dell’11 settembre, in cui hanno perso la vita circa tremila americani. Da presidente e in campagna elettorale, Donald Trump ha sempre insistito sulla tesi opposta, della colpevolezza di Gedda, dichiarando in diretta tv che «non sono stati gli iracheni, le carte secretate dicono che sono stati i sauditi» (era il 2016) ; ora, a un’ora di macchina da Ground Zero, ospita un grande evento di sport finanziato proprio dai sauditi. A un giornalista del canale sportivo Espn che gliene chiede conto, sul green, risponde anche sconfinando nel revisionismo. «Nessuno è andato davvero in fondo all’Undici settembre, purtroppo. Ed è un peccato, è stata una cosa orribile per la nostra città, per gli Stati Uniti, per il mondo. Ma posso dirvi che qui, oggi, ci sono un sacco di persone fantastiche, ci divertiremo e festeggeremo». Quel «nessuno è andato davvero in fondo all’11 settembre» sembra anche un ammiccamento ai complottisti del settore. Molti messaggi, in un solo pomeriggio di golf.
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