Ucraina, i bambini che strillano, la rabbia, la paura. Il viaggio sul pullman degli italiani in fuga- Corriere.it

2022-03-03 06:17:29 By : Mr. Long Hu

L’ambasciatore Zazo porta in salvo i connazionali: lasciano Kiev 70 persone, tra cui venti piccoli. E il console recupera il latte in polvere necessario

L’ambasciatore Zazo aiuta un uomo in fiuga da Kiev

In pullman da Kiev. L’Ucraina è una bestemmia, adesso che scappiamo, e la vita una preghiera. Tutt’e due scorrono sul finestrino e nella mente di Emiliano Bonato . Due paesaggi devastati, ciascuno a modo suo. Le barricate, le code ai benzinai, una colonna di fumo nero, le fiamme, ancora code, altre barricate di gomme: è tutto quel che si vede dal pullman. Borse di cibo, bottiglie d’acqua, bimbe che strillano, mogli in angoscia, niente in tasca: è tutto quel che resta di prima. «Questa strada l’ho fatta un sacco di volte ed ero felice», Emiliano Bonato perde lo sguardo, incantato nel ricordo. Le scritte dei cartelli sono scarabocchiate con la vernice, nell’estremo tentativo degli ucraini di dirottare i carri armati, ma ai russi basta il gps a sapere che di qui si va a Odessa, poi in Moldavia.

A bordo asfalto, superiamo chi scappa a piedi nella neve , coi serbatoi mezzi vuoti, perfino sui monopattini. «A Kiev ho lasciato due case piene di cose, due macchine, dodici anni di bellezza. Non sono riuscito a spostare neanche i miei soldi in banca». Emiliano faceva il rappresentante di mobili, vendeva noce e massello dappertutto: «Anche al Cremlino! Quando fanno vedere in tv salone di Putin , mi viene rabbia: il parquet e le porte sono miei...». Il trono dell’Ucraina, no: lo Zar se lo sta facendo da solo. E a Emiliano, 47 anni e un’esistenza piallata, resta solo questo pullman che lo faccia tornare subito, subitissimo a Bassano del Grappa.

Kiev addio. Si esce. Settanta italiani, esistenze spazzate e spiazzate. Una ventina di bambini, alcuni minuscoli. L’ambasciata italiana li ha salvati tutti. Con due pullman cercati alla disperazione e per una settimana, in una Kiev che li ha requisiti tutti per il trasporto truppe, mentre le famiglie italiane bivaccavano nel bunker della residenza diplomatica, crescendo ogni giorno.

Fuori di corsa. L’evacuazione degli italiani da Kiev è un batticuore da Saigon. Si bruciano i documenti sul retro, si recuperano giornalisti e ultimi dispersi, s’ammaina e si piega in valigia il tricolore. L’ambasciatore Pierfrancesco Zazo aiuta un anziano a trascinare il trolley per la discesa ghiacciata. Il console Filippo Nicolaci recupera il latte in polvere per i bambini. Via tutti, ordine immediato. Come i francesi e i tedeschi, che però hanno ricevuto dai loro governi le auto blindate. Come la Croce Rossa, spostata da Kiev. La rappresentanza italiana andrà a Leopoli, annuncia con un certo anticipo sugli eventi il premier Mario Dragh i, ma non subito: mamme e neonati, ucraine e pensionati, i nostri pullman se ne vanno destinazione Polonia e Moldova. Anche Zazo deve scollare così: troppo pericoloso attraversare Kiev in auto, i rimbombi dei cannoni russi s’avvicinano, alle tre del pomeriggio meglio sfollare assieme agli altri italiani. L’uscita tranquilla di un ambasciatore che ha saputo gestire ore drammatiche.

Non è stato facile. «Spirito di servizio, dedizione, coraggio», riconosce Draghi a Zazo e al suo staff. Perché nulla è mai stato come prima, dal primo giorno di guerra. Piovono le prime bombe, giovedì scorso, e l’ambasciata italiana tiene sulla strada due pulmini, per gli italiani da evacuare: spariti poche ore prima della partenza. Lo stesso accade con le guardie ucraine incaricate della sicurezza: se ne vanno di colpo, forse perché si sono sentite abbandonate, spezzando nei cruscotti le chiavi delle auto e rendendole inservibili. Dannata Kiev, maledetta Mosca. «Che anni sono stati», è amaro in pullman un designer, sulla strada dell’esilio i bagliori notturni delle bombe: «E i russi, poi. Una volta mi han fatto diventare matto. Volevano arredassi un loro consolato con una lampada introvabile. Allora, sono andato su un sito cinese. Ne ho trovata una a 2,76 euro. E gliel’ho fatta pagare 2.760. Il mio piccolo contributo per fotterli».

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