Abbiamo scollegato in automatico la tua precedente sessione
Puoi navigare al massimo da 3 dispositivi o browser
Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione
Da mobile puoi navigare al massimo da 2 dispositivi o browser.
Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione.
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta
Salva questo articolo e leggilo quando vuoi. Il servizio è dedicato agli utenti registrati.
Trovi tutti gli articoli salvati nella tua area personale nella sezione preferiti e sull'app Corriere News.
Il consigliere di Zelensky: torneremo in Crimea, stiamo facendo la guerra per amore di libertà. Importante che l’Italia abbia interrotto un errato modo di intendere i rapporti con il Cremlino
DAL NOSTRO INVIATO KIEV – «Abbiamo sempre visto che alcuni politici sfruttavano le loro posizioni filorusse. E ci guadagnavano, nell’ultradestra come nell’ultrasinistra». Guadagno politico, intende? «Non faccio nomi. Ma dico che c’è una sfumatura che a questi politici sfugge: sostenere la Russia anche a breve termine, finirà per annullare le loro prospettive, quando la gente comincerà a capire. E porterà a conseguenze anche giudiziarie, via via che il lobbismo russo sarà meno forte e usciranno molti dati concreti, sui finanziamenti di Mosca a partiti e uomini d’affari in Europa. Credo che in molti Paesi dovrebbero partire serie inchieste su questi rapporti. Noi aiuteremo chi investiga». Mario Draghi ha accennato a «chi parla di nascosto coi russi»… «Ho simpatia per Draghi e per la sua posizione netta a favore dell’Ucraina. Non era affatto scontata. E’ stato molto importante che l’Italia abbia interrotto un errato modo d’intendere il rapporto con la Russia. La sua posizione ha influenzato anche la politica europea». Due elmetti sul tavolo, una camicia color verde Zelensky, i sacchi alla finestra. Tutt’intorno, sulla collina di Kiev, il silenzio d’una cittadella svuotata d’auto e sorvegliata da centinaia di militari. Davanti all’ingresso del compound, a fare sit-in, la famiglia d’un prigioniero di guerra che chiede d’essere ricevuta. Nei giardini, una ruspa per scavare una piccola trincea. E’ dal 24 febbraio giorno dell’invasione, in queste stanze dei palazzi presidenziali coi fregi dell’era sovietica, che Mykajlo Podolyak vive-mangia-dorme sei giorni su sette. «Ze» lavora al piano di sopra. Podolyak - 50 anni, un passato da giornalista in Bielorussia, l’esperienza di chi ha assaggiato le carezze del dittatore Lukashenko - è ormai il consigliere più ascoltato del presidente, il secondo uomo più influente d’Ucraina e l’incaricato speciale dei negoziati (inesistenti) coi russi: «In questa fase, il miglior negoziatore possibile sa chi è? Il nostro esercito». Ci viene da ridere… «No, no, parlo seriamente! Il miglior mediatore tra Russia e Ucraina è la nostra forza militare. Solo i nostri soldati daranno ai russi la consapevolezza d’avere perduto. E all’Ucraina, la possibilità di porre le sole condizioni per la fine della guerra. Non ha alcun senso un processo negoziale, ora. E neppure un incontro fra Zelensky e Putin. I russi credono di potercela ancora fare».
Avete bruciato tutti i mediatori, dalla Turchia al Vaticano… «I negoziati si sono fermati a Istanbul, ai primi di aprile. In quei giorni, a Bucha e a Irpin, abbiamo visto bene che cos’avevano combinato i russi. Non c’era nessuna possibilità di scendere ai compromessi del 2014 a Minsk. Basta compromessi. Quando la guerra si fa così intensa, qualcuno deve vincerla. Oggi non è più il 2014, gli ucraini sono molto più preparati a un tipo di guerra moderno. E una sconfitta della Russia, anche sul piano psicologico, è molto più importante per l’Europa. Se negoziassimo ancora, come nel 2014, Mosca penserebbe d’avere già vinto e aumenterebbe le sue pressioni finanziando partiti radicali europei di destra e di sinistra, le sue lobby al Parlamento europeo, aziende, crisi migratorie. Ecco perché qualunque mediatore parte da una premessa falsa: non capisce la natura di questa guerra. Pensa che possa finire con un compromesso – concedete quella regione, prendetevi quell’altra - e invece, in questo modo, ci porta solo a una pace sbagliata. No: la natura di questa guerra è la demolizione dell’identità ucraina. E non c’è scelta: o la difendiamo, o la perdiamo. Tutte le altre sono posizioni fasulle. L’Europa dovrebbe capirlo. Qualsiasi incontro, oggi, è il classico gioco di Mosca: fissare lo status quo, inventarsi qualche falso balletto come gli accordi di Minsk del 2014, poi iniziare una nuova escalation militare. Se passa il compromesso, tra qualche anno toccherà magari alla Moldova o a qualcun altro e poi esploderà tutta l’Europa dell’Est. La Russia lavora su questo». Il Papa dice che col nemico bisogna dialogare, anche se puzza… «In un’altra dichiarazione, Francesco ha detto che è giusto dare armi al Paese che si difende. Penso sia importante comprendere da dove nasce una guerra. E la Santa Sede dovrebbe capire che esiste chi fa la guerra per invadere e chi per il diritto a esistere, per l’indipendenza e la libertà. L’Ucraina non vuole fare una guerra di prevaricazione sull’altro. Sta lottando anche per amore». Amore? «Certo. Noi non stiamo difendendo solo la nostra terra, ma il desiderio d’esistere delle nostre famiglie, del mondo libero. Combattiamo anche per amore dei nostri vicini, perché poi toccherebbe a loro. E’ la Russia che si trova a fare la guerra in un territorio straniero. E’ la Russia che ci occupa. Il Papa dovrebbe pubblicare un documento nel quale si spieghi che quella di difesa è una specie di guerra santa». Avete invitato Bergoglio a Kiev per dirgli questo? «Noi stiamo negoziando perché Francesco venga a Kiev e credo che accadrà, prima o poi. Lui vuole venire nel Paese che definisce i valori chiave della civilizzazione occidentale, ma è chiaro che la sua visita dipende da molti fattori: anche dalla sua salute». Per la verità, vuole andare anche a Mosca… «Non penso che, da un punto di vista etico, visitare Mosca sia la cosa giusta. Là ci sono gli aggressori, quelli che combattono con tanta crudeltà contro i princìpi stessi della vita. Non va bene che un uomo santo vada nella terra degli assassini. E incontri uno come Kirill». Perché insistete tanto sulla Crimea? Molti la danno per perduta… «Questo è un tipico effetto che in passato le guerre russe hanno provocato in Europa: di certi temi, come l’invasione della Crimea del 2014, non si parlava per paura. Ora stanno diventando temi rilevanti. Si comincia a capire che la Crimea è un territorio da restituire senza condizioni all’Ucraina, non può stare sotto controllo indiscriminato di Putin. Altrimenti, sarà una storia che si ripete. Le fosse comuni ci sono anche in Crimea, lo sappiamo. Lei è stato a Izyum: la controffensiva di questi giorni è stata troppo veloce, perché i russi potessero nascondere i loro crimini. La Crimea invece è rimasta in mano loro. E’ per questo che dovremmo tornare al più presto lì e in tutti i nostri territori. I massacri non finiranno, finché i russi avranno la sensazione d’essere impunibili». Forse adesso il pericolo è più chiaro. «Una parte d’Europa continua a pensare che con la Russia si possano ancora fare soldi; un’altra parte, che se ne debba avere paura; un’altra ancora non pensa le prime due cose, ma non è in grado d’avere una leadership. Ma il mondo è cambiato rapidamente e certi stereotipi non bastano più, le bollette del gas ve lo stanno mostrando. Ci sono due guerre russe in corso: una contro l’Ucraina e una contro l’Europa». Ma pensate davvero di processare Putin all’Aja? L’unico capo di Stato che finì in carcere fu Milosevic, e non arrivò nemmeno alla sentenza… «Dipende da quanto sia disposta a farlo la comunità internazionale. Per lungo tempo, s’è lasciato che la Russia scavasse fosse comuni, commettesse crimini in Georgia o in Siria, senza conseguenze. Ora si dovrebbero ordinare investigazioni, istruire processi, cercare i criminali. I team locali e internazionali hanno già iniziato a lavorare e chiunque abbia commesso i crimini, chiunque ne sia stato complice sarà trovato. Le fosse di Izyum ci dicono che tipo di guerra stia facendo qui Putin. A Bucha, a Irpin molti han pensato che fossero barbarie ordinate solo da qualche comando intermedio. Invece Izyum ci dice che c’è in atto un genocidio a Kherson, a Zaporozhzhia, Kharkiv, a Lugansk, a Donetsk. Bisogna investigare su tutti quelli che hanno dato gli ordini: non è solo Putin a dover andare incontro al destino d’un Milosevic, è tutta la sua cerchia ristretta». Putin sta reagendo alla vostra controffensiva colpendo le infrastrutture... «La sua è una risposta assolutamente prevedibile. Crede di capirci, di guerra. E confonde le sue idee con la realtà. Crede d’avere abbastanza risorse e uomini per uccidere tutti i civili che vuole. E così fa l’unica cosa che ha sempre saputo fare: vendicare le sconfitte militari facendo soffrire i civili e distruggendo le infrastrutture, proprio come fanno i terroristi. Adesso andrà nelle prigioni russe e chiederà una mobilitazione generale di killer, violentatori e criminali comuni, perché vengano qui a commettere altre Bucha e altre Izyum». Biden ha avvertito: niente escalation atomiche. «Penso che tutto il mondo civile, inclusi gli Usa, debba sciogliere questo nodo. La Russia deve ritirare le armi nucleari puntate contro l’Ucraina e altri Paesi. Altrimenti la risposta sarebbe immediata, un contrattacco. Il mondo civile deve reagire: smettere d’avere paura della Russia, capire che in ogni momento può essere colpito dal mondo incivile». Eppure Putin ha detto in Uzbekistan di volere la fine della guerra… «E’ fuori dalla sua logica. L’esistenza dello Stato russo è entrare in altri territori. Non investe nello sviluppo d’altri Paesi, non incrementa la qualità della loro vita. Quando la Russia fa un’enclave in un altro Stato, la propaganda comincia a lavorare per creare isteria nazionalistica: per esempio, la retorica del “popolo del Donbass”, che non è mai esistito. Fanno disinformazione con un sacco di soldi per far passare il concetto che l’Ucraina e altri Paesi siano da liquidare. Per moltissimo tempo, la Russia ha distrutto nostre infrastrutture militari – ma anche in Bulgaria, in Repubblica Ceca – per distruggere la nostre possibilità di difenderci. E lo stesso fa in Europa, finanziando partiti politici filorussi che indeboliscano la possibilità di prendere solide decisioni. La Russia ha provocato molti conflitti in Medio Oriente e in Africa per creare ondate migratorie in Europa, o solo per rendere l’attenzione dell’Europa dell’Est sull’Ucraina più debole. Anche gli accordi energetici e gli affari vanno in questo senso: per creare dipendenza. E’ così che Putin fa la guerra. Qui la Russia non s’aspettava di avere una guerra così lunga, era un’operazione speciale di pochi giorni. E ricordo certe reazioni in Europa: tutti seduti, ad aspettare che cosa succedeva. Ad aspettare, come dice Putin, la fine della sua guerra». Ma se domani dovesse cominciare il negoziato, che cosa metterebbe in agenda? «Primo: tornare ai confini del 1991. Poi: smilitarizzare la fascia russa che confina con l’Ucraina. Terzo: stabilire i danni di guerra per ogni famiglia in Ucraina, perché tutti hanno sofferto pesantemente per questo attacco. Quarto: un tribunale internazionale, con la Russia del dopo Putin che abbia un ruolo nell’estradizione dei criminali». Uno scambio di prigionieri potrebbe essere un primo passo? «Lo scambio di prigionieri è la sola parte di negoziato che sta funzionando ora. Scambio di morti e di vivi. I russi non sono molto interessati ai loro prigionieri, ma dopo la ritirata di Kharkiv penso che tornino sull’argomento con più convinzione». Ma perché volete la demolizione del ponte di Kerch, in Crimea? «Perché è una costruzione illegale. La domanda è: come va demolito? Ma non dovremmo fissare la nostra attenzione solo sul ponte. Ci sono molte cose da fare, per esempio la restituzione delle basi militari in Crimea. Nella Penisola crescono i gruppi di sabotaggio, anche le attività partigiane». Qualche notte fa, Zelensky è rimasto coinvolto in un incidente d’auto e s’è temuto l’attentato. Quante volte han provato a ucciderlo? «Non voglio specularci. Ma di sicuro, all’inizio della guerra, qui a Kiev c’era un gruppo di sabotatori professionisti che lavorava a un attentato. Nei primi tre giorni, l’ha detto Putin: voglio Zelensky. Ma la nostra sicurezza ha localizzato i sabotatori e li ha uccisi. I parà russi volevano prendere il parlamento e uccidere il presidente. L’idea era chiudere Kiev e farne un’altra Bucha. Ma le cose sono andate diversamente». Prevede svolte politiche a Mosca? «Il cambiamento c’è già. Assistiamo a una distruzione del sistema dello Stato, a un conflitto interno in corso. E hanno cominciato a combattere anche dentro l’élite di Putin, per decidere chi comanderà dopo la guerra. Nelle repubbliche più lontane della Federazione, fra le minoranze etniche, la protesta è pronta a montare. E qualcosa si vede». Anche nella leadership ucraina, non tutto fila liscio: è vero che Biden non sopporta più Zelensky? «Chiacchiere. Messe in giro dai russi».
In prova gratuita per 30 giorni. Poi disponibile con un abbonamento al Corriere della Sera
Autorizzaci a leggere i tuoi dati di navigazione per attività di analisi e profilazione. Così la tua area personale sarà sempre più ricca di contenuti in linea con i tuoi interessi.